COPERTINA EDIZIONE n°1 APRILE 2013




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EDITORIALE E ANTEPRIMA ARTICOLI 1° EDIZIONE APRILE 2013







Eccoci qua, di nuovo in strada, davanti alle scuole e ai luoghi di lavoro, a svolgere un compito delicato e difficile, che la situazione storica ci ha spinto a intraprendere, e al quale, nonostante tutte le difficoltà del caso, non vogliamo e non possiamo sottrarci. Un compito allo stesso tempo storico e politico, che ci pone davanti ad una sfida titanica, contro il pensiero dominante, contro l’apatia e il disinteresse, contro la pigrizia, contro la superficialità e l’ignoranza. In poche parole, contro i potenti del mondo e la loro ideologia che svilisce, corrompe, addormenta, anestetizza le migliori energie presenti tra di noi, in ogni angolo del mondo. Il lavoro che svolgiamo come attivisti e come militanti è un lavoro unico, non paragonabile a niente altro. Ciò che lo caratterizza è il completo disinteresse verso i valori borghesi dell’arricchimento individuale, dell’egoismo, del narcisismo, del potere inteso come volontà di affermare se stessi a scapito degli interessi generali. Un lavoro quotidiano, paziente e metodico i cui risultati immediati a volte sembrano smentire gli obbiettivi prefissati, un lavoro che spesso ci costringe a modificare in corso le forme del nostro impegno. Un lavoro ostacolato con tutte le forze dalla magistratura, dalla polizia, da tutto l’apparato repressivo del potere dominante (compresi i fascisti), ma anche da chi opportunisticamente si finge compagno di lotta per poi rivelarsi agente del sistema. Questi ultimi sono proprio i più insidiosi da combattere a causa dei continui mascheramenti con cui operano: ci riferiamo a quella massa informe di opportunisti che a parole si presenta come rivoluzionaria ma che alla fine, quando si tratta di lottare, si sposta sempre dalla parte del più forte, dei padroni, del potere costituito.
La nostra lotta è una lotta partigiana nel senso che è una lotta di parte, dalla parte degli ultimi, degli sfruttati, degli emarginati, di tutti quelli esclusi dal processo di accumulazione della ricchezza. Che poi – e questo è il vero paradosso – sono gli stessi che producono materialmente, cioè con il loro lavoro, quella ricchezza.
Perché lottiamo contro lo sfruttamento? Non certo perché ci sentiamo più buoni degli altri, non perché siamo più intelligenti ma per una ragione fondamentale: perché crediamo che la felicità individuale si realizzi solo e unicamente nel progresso di tutta la società.
Per questo motivo ci dichiariamo apertamente anti-capitalisti, perché, come possiamo constatare dall'osservazione della fase economica internazionale, l’attuale modello di produzione ha smesso oramai da tempo di svolgere un ruolo progressivo dal punto di vista sociale, cioè ha esaurito la sua capacità di creare una ricchezza diffusa.
In questi ultimi anni ci siamo spesso sentiti ripetere, come un ritornello, che “la storia è finita”, cioè che l’umanità sarebbe approdata al suo ultimo stadio contraddistinto da un equilibrio perfetto, dall'armonia e dalla pace sociale. Professori, scrittori, giornalisti, artisti, tutti i cosiddetti intellettuali di professione, hanno cantato in coro le lodi del sistema affermando ipocritamente che, nonostante qualche elemento critico (tipo lo sviluppo ineguale a livello mondiale), questo è comunque il migliore dei mondi possibili.
Ma i fatti, si sa, hanno la testa dura e i conti non tornano.
Le fabbriche, solo per parlare dell’Italia, chiudono a migliaia ogni giorno; milioni di uomini e donne hanno perso il posto di lavoro; la scuola e l’Università sono sempre più strumenti della selezione di classe; la sanità pubblica sta subendo una ristrutturazione senza precedenti mirata a distruggere il servizio pubblico per favorire gli affari degli operatori privati. E così, il proletariato moderno, cioè la classe degli sfruttati, è attaccato da più fronti: attraverso i salari sempre più ridotti, a causa di ritmi di lavoro sempre più bestiali, per mezzo di un modello disciplinare che riproduce il sistema carcerario e che attraverso il marchionismo (la variante italiana del capitalismo selvaggio) si è diffuso dapprima nelle fabbriche e poi in tutti gli altri settori della società. Interi Stati, attraverso il ricatto del debito, sono stati costretti dalla Banca Centrale Europea a smantellare le proprie economie e a svendere i beni pubblici riducendo alla fame le proprie popolazioni. I casi della Grecia e dell’Irlanda stanno lì a dimostrare che il capitalismo europeo ha raggiunto il culmine delle contraddizioni e che il suo declino è irreversibile.
Ma perché, nonostante le condizioni di vita della stragrande maggioranza della popolazione europea peggiorino di giorno in giorno, non si sviluppa nel contempo un movimento forte che rovesci i rapporti di forza e costruisca una società organizzata secondo un piano razionale che tenga conto dei bisogni di ciascuno e dove ognuno lavori secondo le sue attitudini e le sue potenzialità?
Semplicemente per il fatto che, come diceva Marx, la coscienza degli uomini è sempre un po’ in ritardo rispetto alla realtà materiale. Cioè l’uomo e l’insieme dei rapporti che esso stabilisce con i suoi simili non funziona secondo le leggi stringenti della fisica meccanica ma in maniera dialettica, ovvero molto più complessa. Sono tanti gli elementi che determinano il suo pensiero. Tra tutti questi elementi, tuttavia, ce n’è uno più importante degli altri: il cosiddetto circuito mass-mediatico attraverso il quale il sistema pilota l’intelligenza e la volontà degli individui spostando la loro attenzione o su elementi secondari (tipo quei discorsi populisti sulla casta) o individuando nemici esterni (tipo gli immigrati) sui quali canalizzare la rabbia.
La politica parlamentare, d’altra parte, segue le stesse dinamiche del consenso mediatico e di conseguenza lo scontro tra i poli di centrodestra e di centrosinistra verte sulle questioni trattate nei talk show televisivi mentre sulle questioni veramente importanti le differenze si dissolvono e si fanno passare così, con l’accordo trasversale di tutte le forze, i provvedimenti dettati dagli organismi economici internazionali.
In questo quadro è assolutamente comprensibile il sentimento di tutte quelle persone che provano rabbia per le ingiustizie che subiscono ogni giorno ma, allo stesso tempo, si sentono impotenti perché non trovano un’organizzazione politica che rappresenti i loro interessi. L’ultima illusione alla quale gli italiani si sono aggrappati si chiama movimento 5 stelle. Rimandiamo alla prossima uscita del giornale un’analisi approfondita di questo movimento, per ora ci limitiamo a segnalare la totale mancanza di una visione di classe nel loro programma e perciò non facciamo fatica a prevedere che sui temi importanti, quelli economici, il partito di grillo non riuscirà a cambiare un bel niente.
La vera alternativa al sistema e al capitalismo sta nella lotta di classe. Noi vogliamo costruire un’organizzazione che armi, con l’adeguato equipaggiamento, le coscienze degli studenti, dei precari, dei lavoratori e dei disoccupati. Crediamo che solo una coscienza collettiva possa affrontare la sfida del rovesciamento del potere. E’ per questo che preferiamo stare nelle strade e nei quartieri piuttosto che rinchiusi in qualche sede elettorale. La nostra proposta è radicalmente diversa. Non chiediamo il voto, ma l’impegno rivoluzionario!




Borsa di studio, un sostegno per studiare? Ad uno studente su due.
I vari governi nel seguire le politiche di austerità stanno colpendo tutto ciò che è pubblico e, ovviamente, l’istruzione non è immune da questi attacchi. Come ogni anno la legge di stabilità contribuisce ad accrescere la differenza tra le classi sociali presenti nel paese, infatti sul fronte universitario sono stati tagliati ben 300 milioni di euro. Si stima che ben 30 atenei italiani dovranno chiudere i battenti a causa della mancanza di fondi, tutto questo mentre lo Stato finanzia le scuole private...


Se il compito della scuola è quello di formare coscienze critiche, non è difficile comprendere perché un governo prono ai dettami del neoliberismo si accanisca, fino all'ultimo  nella sua opera di demolizione del sistema pubblico di istruzione.
Che la scuola statale italiana fosse oggetto di un attacco feroce ed aggressivo, da parte degli ultimi due governi, era evidente anche agli occhi dei non addetti ai lavori. Ma che un governo “tecnico” e dimissionario, in un momento di vuoto istituzionale, potesse assestare alla scuola un colpo così basso da metterne in discussione l’impianto costituzionale, rappresenta un unicum, in negativo, che ci deve mettere in allerta sul pericolo di una deriva reazionaria verso cui il paese sta inesorabilmente precipitando...



Di cosa parliamo?

Nel capoluogo molisano, negli ultimi mesi, abbiamo visto nascere e svilupparsi un ampio
fronte di mobilitazione a difesa della sanità pubblica, contro il tentativo del governo regionale – innegabilmente inserito in un più generale contesto nazionale – di smantellare il servizio sanitario pubblico favorendo il privato nell'acquisizione di settori strategici della sanità.
A livello regionale, come a livello nazionale, qualsiasi discorso inserito nel campo delle possibilità passa attraverso la questione cruciale del debito. Se in campo nazionale ed europeo è sempre vivo il dibattito sull'inevitabilità o meno del rientro dal deficit, per quanto concerne le regioni, tale opportunità è da ritenersi praticamente inattuabile sia per specificità giuridiche proprie delle istituzioni regionali, sia a ragione dell’inagibilità politica che inevitabilmente incontrerebbe una simile proposta.
In quest’articolo, quindi, assumeremo il paradigma del pagamento del debito come una prospettiva ineluttabile e, di conseguenza, procederemo ad analizzarne la struttura cercando di individuare le criticità, in altre parole quei capitoli di spesa che pesano sulla collettività senza, tuttavia, determinare un’offerta sanitaria universale ed efficiente.
Ci avvarremo, nel fare ciò, dell’ottimo lavoro di analisi compiuto in questi ultimi mesi dal Comitato Pro-Cardarelli, dal Coordinamento delle associazioni, nonché dal Comitato molisano No-Debito che, insieme al PRC, ha il merito, se non altro, di aver assunto più di ogni altra forza in campo, il punto di vista dei lavoratori dell’indotto ospedaliero e di quei cittadini che non possono permettersi servizi a pagamento. Come dire: un punto di vista di classe...


In occasione del 25 Aprile, festa della liberazione dal nazi-fascismo, lontani anni luce dalle celebrazioni “liturgiche” delle “autorità ufficiali”, approfittiamo per rilanciare un appello del C.A.A.M. (Comitato Antifascista e Antirazzista Molisano) in sostegno ai sette compagni molisani condannati dal tribunale di Isernia per aver manifestato contro un’iniziativa dei fascisti di CasaPound nell'Ottobre di due anni fa. Questi nostri compagni sono ancora in attesa di un secondo grado di giudizio. Il miglior modo per celebrare la Resistenza è quello di mostrare loro la nostra solidarietà. Oltre a una promessa: la prossima volta ci sarò anch'io
Non lasciamo che cancellino la Storia.
 AD ISERNIA C’ERO ANCH'IO!
Comitato Antifascista e Antirazzista Molisano
Per aderire, manda una mail a tratturi@insicuri.net indicando il tuo nome e cognome.